Per chi, come noi, trovatosi ahimè, non giocoforza, “sorpreso” da tannici effluvi e relative, soavi, alcoliche elucubrazioni (in lingua veneta: Piombe!) svolgiamo un semplice ma esaustivo percorso, al quale, ringraziando il nostro bagaglio epatico, siamo, (rallegrandocene) esposti quotidianamente!

STRADA  MAESTRA
Prologo:
 
Prima Fase:  “ INVÍA’ ”
 
Generalmente dopo la terza “ombra” (Locuzione Veneta riferita al bicchiere, pieno, di vino). Ovvia conseguenza ne è l’inesorabile avvio verso la Strada Maestra che porta alla mèta.
 
Seconda Fase: “STÒRNET”
 
Evidente allusione allo zigzagante volo degli stormi di Uccelli (più precisamente Storni o Stornelli).
Fase nella quale l’equilibrio varca la soglia della precarietà e l’inconsapevole ma costante ricerca di punti
d’appoggio si fa più pressante.
Situazione in cui i più sobri fungono da fisico sostegno ai vari passaggi del “Maturando”. Vedi ripetuti abbracci atti a manifestare, convenientemente, affettuosi approcci, nel maldestro tentativo di celare una palese precarietà del fisico sostentamento.
Repentini “appoggi”all’altrui manica di camicia o giacca (secondo la stagione) con fermi e decisi intenti di ribadire l’assoluta padronanza della situazione; frase tipica in tali circostanze “… i…i…xe tuti mati quà… i  pensa che mi sia in…inbriago”.  È in situazioni come queste che la punteggiatura dell’estenuante oratoria viene scandita dall’alcolico rigurgito, che in tempi di gloriosa Letteratura Latina poteva venire inteso, nel fraseggio, quale comune intercalare (ich…ich).
 
Terza Fase:  “STORNO”
 
E’ la semplice acuizione della precedente fase.
Il pervicace dilatamento comportamentale del “Matur - ando”sconfina dal gerundio al participio presente:
“Maturo”! cioè STORNO!
Oramai la strada è decisamente imboccata senza soluzione di ritorno.
In un’allegra combriccola l’”Andante”(colui che sta andando in balla) si, per così dire, scosta dal gruppo
e rivolgendosi esclusivamente ad un malcapitato, inizia il suo asfissiante (nel vero senso della parola) monologo, coinvolgendo l’interlocutore in una sorta di supplizio ad una distanza di un centimetro dai rispettivi nasi.  Normalmente il soliloquio (perché altro non è) viene condito da una miriade di smorfie e gestualità incontrollate dovute all’entrata nel circolo sanguigno degli effetti devastanti dell’alcol etilico.
Il mento del soggetto, dolcemente reclina verso lo sterno, ciò dovuto alla pesantezza della testa non più sostenuta dalla tonicità dei muscoli cervicali, cosicché lo sguardo subisce una direttrice dal basso verso l’alto con conseguente chiusura di un, ormai stanco, occhio e l’inarcamento del rispettivo opposto sopraciglio, conferendo al nostro una sorta di atavico ripensamento filosofale.
Nobile e disperata ricerca dell’aspetto positivo.
Il dialogo s’infittisce e normalmente l’argomento viene ripetuto a guisa di tortura!
Il povero compagno di sventura preferirebbe essere giustiziato sul posto piuttosto che riascoltare per l’ennesima volta i vari malanni e dolori del nostro! ( “eeh… e gambe  xe quel che me cjava … e gambe…
e gambe…, se avesse vinti anni de manco…te farja vedar mi…mi!...sisignore!!!) traduzione - se non avessi questo dolore alle gambe e vent’anni di meno…..
Impenitente orgoglio d’incallito devoto al condizionale; puerile rivincita sulle avversità ed ai propri errori!
 
Quarta fase:  “CARICATO
 
Detta anche fase calda!
A rigore di umana logica, buon senso ed istinto di conservazione consentirebbero all’individuo (tralascio sporco) in nebbiosi, grigi e freddi inverni, la sacrosanta facoltà di potersi riparare dai rigori e dalle inclemenze del maltempo. E’ in questa fase che i nobili tannini, finora celatamente presenti nel “divenire” del soggetto, assurgono ad attivi protagonisti nel sub(e non)conscio mentale. Situazione nella quale la, di lui, camicia, oramai fradicia di una esplosiva miscela di sudore e vino, non è più contenuta dai bottoni ma bensì ampiamente aperta sull’ombelico (o tappo della botte). Il sudore riesce ad avvolgere come un guanto, l’adipe accumulato nei numerosi e lunghi,per ovvia debordanza, trasferimenti da tempio a tempio (leggi osterie). La quantità di liquido purpureo ingerita ,necessita in questo caso, misurazioni pari agli ordinativi degli ipermercati!  Il soggetto potrebbe intendere la liquidazione da lavoro come ulteriore bevuta “a grati- s” leggesi “ pro gratia et amore Dei “.
 
Quinta Fase:  “INMATTÔNİO
 
Fase di buon punto.
Espressione tipicamente dialettale nell’esprimere uno stato di alcolica anestesia. La ragione del cervello si difende dai continui abusi e/o soprusi da parte dell’umano contenitore nel quale risiede.
Sorta di autodifesa dell’organismo per cui,  lo sbronzo possessore, diventa quasi insensibile ad agenti esterni, siano essi fisici od ambientali.
Le frequenti cadute (anche di tono) o i continui “contatti” con gli spigoli di muro sia di testa che di piede, farebbero impallidire i più prosaici riferimenti ai vari campioni dello sport pedatorio.
L’insensibilità fisica raggiunta in questa fase è paragonabile all’essere operati a cuore aperto partecipando all’operazione stessa!
Stati della ragione.
 
Sesta Fase:  “INFORMIGA'
 
Logica conseguente alla fase precedente.
Avendo proferito ameno verbo sull’evoluzione dell’alteramento prettamente fisico, ne è d’uopo e primario    l’annebbiamento mentale! Nessun aggettivo conferisce più esatta descrizione al concetto del suddetto informigà: svolgimento dialettale al profuso formicolio muscolare che si ottiene nel rimanere per lungo tempo nella medesima posizione.  Solo che, nella genialità della lingua popolare, ciò è riferito alle offuscate capacità intellettive.
Il già compromesso coordinamento, prima ancora che locomotorio, è essenzialmente mentale.
Gli impulsi che dipartono dal cervello devono affrontare chissà quali fumo-nebulosi ostacoli nelle viscere prima di raggiungere, a fatica, le loro destinazioni.
Ne consegue un sensibile rallentamento della già precaria capacità di espressione.
La lingua, che è essenzialmente un muscolo, continuamente a contatto con l’antocciano liquido si dilata a profusione, occupando uno spazio maggiore in bocca ostruendone così il conferire dell’aria necessaria allo sfregamento delle corde vocali, da cui il melodioso suono della voce.
Quasi in un disperato conflitto, essa si dimena nelle arcate dentali cercando disperatamente il coordinarsi nel supposto ordine a lei conferito.
Vano tentativo di sincronismo nel dire una cosa e intenderne un’altra.
Suoni goffi e rallentati in una cassa acustica (bocca) satura di enoici afrori. Di saliva manco a parlarne, da come si è messa la serata se ne è già dipartita.
Cosicché ad ogni nobile tentativo di esprimere un, seppur avvinazzato concetto, ne esce un sordo e roboante rantolo (roarr…roarr…) il cosiddetto effetto betoniera!  Avete mai ascoltato l’eco sordo che ne esce quando gira a vuoto?  Quale esempio potrebbe essere più appropriato ?!
Sublime.
Và da sé che in soggetti non così ben allenati a cotanta nobile causa l’effetto betoniera può assumere aspetti diametralmente opposti: il rifiuto epatico dell’enorme liquida quantità con conseguente ammutinamento delle funzioni gastrointestinali.
Una controffensiva in grande stile di tutto l’apparato per troppo tempo costretto alla difensiva, ora atto all’espulsione di questo tumultuoso torrente.
Il bon ton suggerirebbe di definirlo alla maniera Francese: degorgemant, tanto per rimanere nel tema, ma sempre di vomito trattasi.
 
Ultima Fase:  “INSORÌO
 
Il giorno successivo…!
Non disputando quale potrebbe essere per l’umana ragione, il giorno successivo (visto il protrarsi di alcune perfomances), mi arrocco nella strenua spiegazione dell’infinita gioiosa tristezza che pervade l’individuo all’apice dell’inebriante, eterna, disputa con il bicchiere.
Và tuttavia considerato l’aspetto triste che si manifesta in talune, deogratias sporadiche, situazioni quando il conflitto interiore di biblica memoria (dal latino bibere e non dai Sacri testi) riesce a sorprendere ed annullare l’effetto anestetizzante dell’alcol.
La cosiddetta “Baea Pianzota” /traduzione letterale: ubriacatura triste e piangente/ laddove lo sfortunato viene pervaso da mille incertezze ed angosce, dubbie e paure, come se non bastassero quelle quotidiane.
Una volta ebbi a sentire: “…l’è parchè l’a bevuo vin garbo”, incolpando di tale disgrazia la qualità poco certa del vino.
Potenza della saggezza popolare!
Resta comunque certa la spossatezza e la poco incline attitudine del “giorno dopo”.
La profusa acidità intestinale và di pari passo con quella caratteriale.
L’ostilità del mondo viene ineluttabilmente ingigantita al minimo manifestarsi provocando fastidiosissimi e mal sopportati mal di testa.
E’ solo allora che fa la sua comparsa la fresca, benefica, buona acqua.
Ma solo in forma ghiacciata e a guisa di regale corona; appoggiata sulla testa in fiamme!!
L’accidia (“insorimento” nella mia madrelingua) si manifesta, a seconda del soggetto, fino al completo assorbimento del tasso alcolometrico.
Normalmente ciò avviene nella seconda parte della mattinata successiva, concomitante con l’aperitivo.
Fresca fonte di nuove energie.
 
Ah….dimenticavo… Da noi l’aperitivo è semplicemente un buon bicchiere di Vino!

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