Troppo spesso si vedono locali realizzati esclusivamente con criteri estetici e non in modo funzionale per gestori e clienti. Sono trent’anni che chi scrive segue e gestisce locali di pubblico esercizio, principalmente enoteche con mescita e ad uso cucina. Dal ristorante dei miei genitori, nei primi anni Settanta, muovevo i primi passi verso una strada che mi ha portato ad amare il mio mestiere ed i locali dove ho esercitato la mia professione, con passione infinita: il mestiere di oste. Realizzare la propria vocazione, attraverso la passione, la professionalità, fare dell’accoglienza e dell’ospitalità il motivo principale della propria azione: è questa la cosa ‘buona e giusta’ che auguro ad ogni collega. Ho realizzato - per me e per altri osti - locali per il servizio di enoiteca e ristorazione, locali concepiti, dal più grande al più piccolo, con il concetto di praticità e razionalità, per ogni reparto e comparto di lavoro, come la cantina, la cucina, il bancone, l’office, per poi pensare - in base agli spazi restanti - alla sistemazione del pubblico, in tavoli e sedie consoni alla comodità del cliente. Tutto questo, ci tengo a precisarlo, lo scrivo - per polemica e critica - nei confronti di architetti e designer della nuova generazione che attraverso i loro disegni realizzano e fanno realizzare pubblici esercizi che hanno tutto di artistico e di moda, ma che nella sostanza non sono pratici da fruire né per l’operatore né per l’ospite. Insomma, assomigliano solo a belle gallerie d’arte, pagate da pseudo-mecenati a cui interessa solo l’investimento immobiliare, senza preoccuparsi se il gestore dovrà più o meno faticare nel svolgere il suo mestiere in funzione dell’ospitalità. I più criticati dal sottoscritto, peraltro, sono i cosiddetti ‘minimalisti’ che si preoccupano - al contrario degli osti ‘praticanti’ - di realizzare locali che guardano alla pura estetica d’effetto, per impressionare critica e pubblico, e far spendere con la loro pseudo-arte soldi inutili. Realizzano cucine e office di 2 mq di spazio, banconi con luci e lucette che per appoggiarsi ci vogliono le scale, angusti buchi e piani d'appoggio - per il barman, ma anche per il cliente - di pochi centimetri, addirittura lavandini e frigoriferi incastrati ad angolo, e ancora scaffalature che verranno utilizzate come esposizione, senza pensare di usarle come piccolo stoccaggio e da cantina del giorno. Non ho visto ancora dei piani di lavoro dove si può lavorare ‘in vita’, ovvero senza chinarsi o alzarsi in punta di piedi. I nuovi locali di ‘grido’ realizzati, ad esempio, negli ultimi tempi a Venezia sono delle opere d’arte che servono solo a chi le ha realizzate e non certamente a chi le gestisce per poter esercitare al meglio il proprio mestiere.

Venezia News novembre, 2010

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