Una recente riforma del disciplinare di produzione dell’uva e del vino Prosecco ha sistemato (si fa per dire) la regolamentazione di come e dove quest’Uva antica, citata già da Plinio il Vecchio, deve essere prodotta… Il nuovo disciplinare ha dettato le regole relative alle zone in cui produrre il Prosecco e come e perché potrebbe anche essere imposto il cambio del nome in Glera. Ha dettato le regole di come dev’essere scritta un’etichetta: D.O.G.C. (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita) nel comprensorio di Conegliano-Valdobbiadene, D.O.C. nel resto del Veneto e in Friuli Venezia Giulia, con denominazioni provinciali. Fin qui niente di straordinario. Saranno chiaramente agevolate le produzioni industriali e di quei territori pianeggianti poco portati a questo tipo di coltivazione ma più produttivi, a discapito delle piccole produzioni artigianali collinari che vedranno dimezzarsi i prezzi delle proprie uve a causa della maggiore offerta di uve D.O.C. provenienti dalla pianura.Tutto questo accade ben conoscendo le difficoltà di una coltivazione estrema, che amerei definire eroica, fatta sui pendii collinari. Ma non finisce qui. Se per qualche motivo, in etichetta, un piccolo produttore collinare volesse mettere la D.O.C. ne avrebbe diritto, citando però “D.O.C.Treviso”. Diversamente sarebbe costretto a scrivere “Glera”, anche se fosse D.O.G.C. Imbottigliandolo con il tappo Corona, usato per due terzi della vita di uno champagne, verrebbe declassato a Bianco dei Colli trevigiani, col divieto assoluto, anche nella descrizione organolettica, di citare il nome dell’uva prosecco, quasi fosse appestata. Citandola, infatti, il prodotto diventerebbe Glera. Morale della favola: d’ora in avanti l’uva e il vino Prosecco dovranno chiamarsi Glera, come queste regole impongono. Chi l’ha pensata, ha veramente ‘sclerato’! Certificazioni di vivai importanti e di noti ampelografi, documenti di trasporto certificanti Prosecco D.O.C. o I.G.T., fatturazioni e interscambi recanti il nome Prosecco.Tutta carta straccia, dunque? Gli ideatori di queste nuove regolamentazioni, a mio avviso, sarebbero imputabili di falso ideologico. Non a livello giuridico, quanto morale. Sono norme che rispecchiano i tanto agognati ricorsi fatti alla Comunità europea per mantenere la denominazione Tocai Italico o Friulano, battaglia con gli ungheresi persa poi dai nostri burocrati. Nel caso delle nuove norme per il Prosecco è stato segnato un autogoal, agevolando l’industria della ‘bevanda’ a discapito dei produttori del vero vino Prosecco, magari per motivazioni politiche. Noi, puristi del buono, del genuino, del puro e del vero, abbiamo costituito un club denominato Amanti Vero Prosecco, con regole di autodisciplina che per noi valgono più di mille D.O.C. Il Vero Prosecco, per gli adepti, deve essere: 1) ottenuto da uve Prosecco Tondo o Balbi di sola collina; 2) proveniente da viticoltura senza uso di diserbanti o fitofarmaci; 3) fermentato spontaneamente con lieviti indigeni e non con batteri selezionati.

Venezia News settembre, 2010

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