Ci sono mille motivi per credere che Venezia sia nominata vera capitale del vino e non solo, ma anche del mangiare. Capitale lo è già per altri motivi: arte, cultura, storia e quant’altro vogliate aggiungere. Venezia e le sue isole producono, oltre a peculiari ortaggi, il nettare di Bacco: nelle vigne murate di San Francesco della Vigna e di Sant’Elena, dai Frati Francescani Minori, dall’eredità dei Carmelitani Scalzi a San Michele si producono Dorona e Malvasia; dall’associazione “Laguna nel Bicchiere, le Vigne Ritrovate” oltre al buon rosso “Le Zitelle Fertili” alla Giudecca, nell’Isola di San Erasmo nella “Tenuta Orto” si produce un buon bianco da coltura biodinamica. A Mazzorbo Vio Gastone, tutore della Dorona, ha dato il via con le sue barbatelle ad una micro produzione di un noto produttore trevigiano. Il nettare di Bacco ha sempre avuto la massima considerazione in questa città d’acqua. Nella toponomastica si contemplano calli, campielli, sottoporteghi, corti, rive, campi con denominazioni del tipo: Calle del Calice, della Malvasia con 15 titolazioni in vari sestrieri, del Boter-Botera-Boteri (da Botte) con 10 appellativi, Calle della Vida (vite) o della Locanda, per non citare Riva del Vin, fulcro e terminal degli scambi e dei commerci cittadini nei tempi antichi. Il vino ha da sempre avuto i suoi luoghi deputati a Venezia, con “insegne” dedicate al vino: Bacaro (da Bacco), Malvasia (dall’omonima Uva e Vino bianco), Trani (dall’uva e vino Proveniente dalla città di Trani), Osterie da “Oste”. In quelle mura pubbliche quasi domestiche, nel goto (bicchiere stretto sotto largo sopra) veniva servito il vino nostrano Raboso o Friularo di Bagnoli e il vino foresto (straniero) la Malvasia Istriana o il Moscato e/o Primitivo di Trani. Una particolare mescita avveniva all’ombra del campanile di San Marco, con dei carettini trasportanti vino sfuso che si spostavano seguendo l’ombra del campanile per non surriscaldare il contenuto. I veneziani di allora per non dire “andiamo a bere un goto de vin all’ombra del campanil”, hanno accorciato il tutto arrivando all’ancora attuale “bevemo un’ombra”. Sempre in piazza San Marco allo storico Quadri, fi n da fi ne 700 c’era una rivendita di vino e caffè: questa antica tradizione sarà riaccesa dalla famiglia Alajmo approdando nel memorabile locale, proponendo pietanze e cicchetti con altrettante bottiglie di vino, forti della passione tramandata dall’esperienza e dalla competenza. E, cosa non da poco conto, a Venezia non serve guidare, ci si arriva agevolmente in treno. Non essendoci automobili si va a piedi smaltendo anche qualche eccesso. Anche l’Oste Lorenzon, multato recentemente, nell’esercizio delle sue funzioni, per “alito vinoso”, ha avuto dal Giudice di Pace sentenza favorevole. Lo slogan sarà: slow food and fast drink. Ed eccoci, come da titolo, a proporre Venezia Citta’ del Vino e del Buon Bere, nonché del Lento Mangiare.

Il Calandrangolo maggio, 2011

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