Ci sono mille motivi per credere che Venezia sia nominata vera capitale mondiale del vino. Capitale lo è già per altri motivi: arte, cultura, storia e quant'altro ci vogliate aggiungere... Per quanto riguarda il vino, Venezia e le sue isole producono da secoli il nettare di Bacco: nelle vigne murate di San Francesco della Vigna, di Sant'Elena, della Giudecca alle Zitelle, di San Michele al cimitero, oltre che nelle isole di San Erasmo, Vignole, Mazzorbo; tutte vigne antiche rivalutate e riconsiderate ultimamente dall'associazione Laguna nel Bicchiere - Le Vigne Ritrovate, già menzionata in questa sede nei numeri arretrati. Il nettare di Bacco ha sempre avuto la massima considerazione in questa città d'acqua; ad esempio, nella toponomastica, si considerino Calle del Calice, Calle e Ponte della Malvasia, Calle dei Botteri, per non citare la Riva del Vin, fulcro degli scambi e dei commerci cittadini. Il vino ha da sempre avuto i suoi luoghi deputati a Venezia, con delle insegne dedicate al vino: Osteria (da Oste), Bacaro (da Bacco), Malvasia (dall'omonima Uva e Vino), Trani (si mesceva principalmente Moscato e vini di Trani delle Puglie), Mescita (termine confermato dall'Accademia della Crusca): in quelle mura pubbliche quasi domestiche nel goto (bicchiere) veniva servito il vino nostrano Raboso e il vino foresto (straniero) la Malvasia istriana o il Moscato di Trani. Una particolare mescita avveniva all'ombra del campanile di San Marco, con dei carrettini trasportanti vino sfuso che si spostavano seguendo l'ombra del campanile per non surriscaldarne il contenuto. I veneziani di allora per non dire «andiamo a bere un goto de vin all'ombra del campanil» hanno accorciato il tutto arrivando all’ancora attuale «bevemo un'ombra». Chi scrive, già ragazzo del ‘Piave’, verificava, gia nei primi anni ’80, una scarsa propensione da parte degli osti mescitori e ristoratori alla selezione e proposta di vini di tipologia e provenienza diversa da quella strettamente locale o regionale, proponendo al calice o in bottiglia prevalentemente bianco o rosso “della casa”. Ad oggi si può affermare che la situazione da qualche anno si è completamente capovolta: i Ristoratori d'eccellenza - e mi riferisco in particolare al gruppo Ristoranti della Buona Accoglienza e agli Enotecari di Vinarius ed Enoiteche, oltre a tanti altri che non cito - si rivolgono molto di più a vini foresti. Venezia può a buon diritto vantare il primato nella proposta, con carte di vini che offrono prodotti eccellenti provenienti da tutte le parti del mondo della produzione vitivinicola, di vini genuini, biologici, biodinamici e ‘biotut’; insomma, se ne trovano per tutti i gusti e per tutte le tasche. E, cosa non da poco conto, a Venezia si può! Non serve guidare, ci si arriva agevolmente in treno; non essendoci le automobili si va a piedi smaltendo anche qualche eccesso. Anche l'Oste Lorenzon, multato recentemente, nell'esercizio delle sue funzioni, per “alito vinoso”, ha avuto dal Giudice di Pace sentenza favorevole. Ed eccoci, come da titolo, a proporre Venezia-Città del Vino e del Buon Bere. A breve seguirà referendum...

Venezia News febbraio, 2011

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