È accaduto il 31 maggio alle Calandre, l’occasione è nata dalla presenza inusuale del rampollo di ‘casa’ Valentini, quello del Trebbiano d’Abruzzo, il miglior vino bianco del mondo, secondo chi scrive. Francesco Valentini, personaggio schivo, quasi timido, ma competente cantiniere e profondo conoscitore delle proprie vigne e del proprio territorio, ci ha dato l’opportunità, con i fratelli Alajmo, Raffaele e Massimiliano, di assaggiare, degustare e bere sette annate dell’omonima cantina, abbinata ad altrettanti piatti inediti, creati su misura per il Trebbiano di Valentini. Per aperitivo, un “2004” rappresentativo dello stile Valentini (classico il ricordo di croste di polenta gialla dopo la cottura), annata magra e difficile, a detta di Francesco, ma a mio umile avviso, dopo otto anni, sembrava appena pigiato, freschezza e bevibilità eccezionali, accompagnato da cicchetti di scampi fritti, tartare di verdure cotte a freddo, riso nero e crema di seppie e schie. Oltre al vino, nella Tenuta Valentini si produce mais, frumento e un olio d’oliva di raro profumo, con bassa acidità e dal gusto vellutato, dalle sensazioni dolci, prodotto dalla Lauretana Dritta di Loreto, una cultivar rara. Noi lo chiamiamo semplicemente Trebbiano, ma quello di Valentini è il clone più difficile da coltivare, diverso da quello toscano o dal Trebbiano di Soave, molto meno produttivo e soggetto a più malattie. Nel tempo i contadini della zona di Loreto Aprutino lo hanno abbandonato, ma i Valentini hanno proseguito sulla strada più difficile, consapevoli che se c’è la vigna, il vino, con le dovute attenzioni, viene da sé. «La natura è un essere vivente - esortava Eduardo Valentini, ispirandosi ai presocratici - bisogna saperla ascoltare, come gli esseri viventi». Torniamo a noi. Trebbiano 2008, condizioni climatiche difficili; nonostante otto grandinate in zona le uve salvate di una piccola annata hanno dato note agrumate superlative, di mandarino e bergamotto. Casa Valentini in vinificazione usa pochissima solforosa, quasi niente. Questo permette al vino di svolgere la malolattica naturalmente, allargando al palato il sapore e la base gustativa, senza risultare opulente ma addirittura fresco e snello grazie soprattutto alla mineralità dei suoi terreni e del suo terroir. Un crudo di ricciola con salsa tonnata al Soaso (rombo dell’Adriatico) si son degnamente incontrati con questo piccolo grande vino. Ma ecco che arriva la Battuta nuda al tartufo e il Trebbiano 2005, bello tondo, dal profumo esotico, frutto della passione e un po’ di mango. Su e giù con le annate in base alla prontezza di ‘beva’, in una scaletta di intensità di gusti come si fa, con creanza, anche se non hai studiato. Con il “1998” si sentiva un profumo di ridotto, dovuto anche all’età. Aveva solo bisogno di prender aria. Ricordava il legno di quercia e il sorbetto di caffè, il profumo delle carrube, leggermente amarognolo, sostenuto da una acidità basica (come sempre). A questa simpatica bottiglia, aperta al meglio verso fine serata, sono stati magnificamente abbinati i Ravioli di lingua salmistrata. E a proposito di quercia, alcune delle botti usate, da 55, 60 e 70 ettolitri, risalgono addirittura al 1790 o al 1814. Con il piatto top di Max, gli spaghetti alla Carbonara di mare, è stato abbinato un “1995”, che, una volta areato nei baloon disegnati dai frateli Alajmo, lasciava uscire tutta la ‘valenza’ di Valentini, frutta bianca in confettura e farina di mais giallo. Il “1992” mi è piaciuto molto, anche se i miei compagni lo hanno valutato in fase discendente. Era sì leggermente amarognolo, ma con grandi profumi di pesca bianca matura e di datteri (i difetti son perfetti). Il “1987”, annata difficile, un po’ basso di gradazione, un’acidità confessata pari al sei per mille che denotava comunque un’insolita vena ‘botritizzata’ con un meraviglioso profumo di nocciole, zabaione e pane grattugiato appena tostato - è stato servito con un Brodo Oro (foglia d’oro vero) di nervetti di vitello, di cui Max mi ha concesso il bis. “Dulcis in… fundis”, il “1977” con Rossini di mare, un filetto di manzo piemontese con fegato di merluzzo, crema di patate e salsa di sgombro al tartufo, la nota più evidente del vino era il profumo del suo DNA di mais e nespole mature, a conferma di un grande, grande vino! Strepitoso Valentini.

Venezia News luglio, 2012

Freccia verso l'alto
Questo sito utilizza cookies, anche di terze parti, per offrire una migliore esperienza. Chiudendo questo banner o continuando la navigazione acconsenti al loro utilizzo. Per saperne di più leggi la nostra Privacy Policy - Cookie Policy.
CHIUDI
Hai accettato l'utilizzo dei cookies da parte di questo sito